Gruppi muti, da ascoltare

Con continuità e frequenza regolare, le notizie di conflitti e di guerre disseminate nei più diversi altrove del mondo ci raggiungono per canali sempre nuovi che velocizzano l’accesso alle informazioni tanto quanto ne rallentano la percezione; assolvendo contemporaneamente al duplice servizio di spaventare e anestetizzare la coscienza, creare allarme e assuefare ad esso. Tranquillizzarci,  perché i fatti più drammatici accadono “lontano” da noi (una rassicurante illusione ottica, ma pur sempre un illusione) e permetterci il privilegio di fare il tifo, schierarci pro o contro, senza pagarne mail davvero il prezzo. Al riparo del televisore o dello smartphone ci si può mobilitare ideologicamente a favore di Putin o di Zelensky, di Hamas o di Netanyahu, dei pirati o delle navi commerciali nel Mar Rosso, stare con una parte oppure con l’altra, per Pablo Escobar oppure per l’Interpol, ma sempre senza il bisogno di approfondire, assumendo lo scenario di un ennesimo conflitto armato così come si prende in carico la nuova missione di un videogame. La guerra, ovunque essa sia, è solo uno scenario naturale ed inevitabile. Questo sussurra dentro di noi un demone grasso, pigro e realista. A noi resta solo il potere di decidere da che parte stare, per chi votare, a chi inviare gli aiuti, i vestiti, i meccanici; le armi. E per nostra fortuna la scelta, in un modo o nell’altro, non ci costa nulla.

In questi giorni, settimane, mesi, con sorpresa crescente, mi sto trovando a recuperare e studiare numerosi documenti e informazioni relative alla storia di una parte della mia famiglia, quella che collega le origini di mia madre al Tesino, un altipiano del Trentino orientale che ha costruito la propria identità nel fatto di essere terra di frontiera, punto di incontro e reciproca periferia del mondo latino e di quello germanico. Nel ‘900 l’assolutismo austroungarico prima e il nazionalismo italiano poi hanno drammaticamente ridotto gli spazi per questo tipo di complessità identitaria, obbligando gli individui e le comunità a polarizzarsi nei drammatici passaggi delle due guerre mondiali e del ventennio fascista.

Alcuni documenti, lettere, fascicoli politici, atti di stato civile, mi consentono di gettare un piccolo sguardo sulla vita di un gruppo familiare, quello di mia nonna materna e dei suoi fratelli e sorelle. Gente povera e di montagna, gente di istruzione elementare, frontalieri, operai, manovali, elettricisti, gente che nella prima metà del 900 ha mostrato una radicale estraneità alle ideologie nazionali e alle ragioni dei conflitti, in alcuni casi provando a sopravvivere nonostante tutto e in altri praticando a volte scelte di opposizione radicale ai regimi vigenti, scelte pagate con il confino, il controllo di polizia, la povertà e in certi casi la morte. Oppure, come nel caso delle sorelle, pagando l’appartenenza a questo gruppo familiare con una vita drammaticamente esposta al controllo da parte delle autorità di polizia, con lo stupro subito, con il lavoro in fabbriche malsane, con la malattia mentale..

Ho scoperto, ad esempio, di avere due prozii passati entrambi attraverso il confino a Ventotene in momenti diversi, uno per essersi opposto alla prima guerra mondiale e l’altro per avere combattuto contro il fascismo. E ho sbirciato la moglie del primo rimasta a casa da sola per crescere i figli e la sorella di entrambi, giovanissima vedova con tre figli, tenuta sotto costante controllo dalla polizia politica fascista fino al punto di essere violentata da un militare e perdere alla fine la salute mentale. Immaginare queste vite, ritessendo le poche tracce che hanno lasciato, cercare per quanto capace di restituire la voce a donne che non l’hanno mai potuta alzare e a uomini a cui è stata brutalmente soffocata. Questa è, per me, la migliore risposta alla domanda: da che parte stai?

(Foto: Castello Tesino nel 1919, alla fine della guerra. Cortesia di Graziella Menato)

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