Spazi Imprecisi, per sporgersi oltre

Sabato 8 luglio, ore 15, rispondo alla “chiamata” di Claudio Lorenzoni per  una passeggiata a Trofarello, senza meta ma con un obbiettivo: avviare un percorso di immaginazione e riflessione sugli “spazi imprecisi”.

Il concetto di spazio impreciso fa riferimento a due fattori di trasformazione dei luoghi urbani in inutilizzati: la “natura interstiziale” che gradualmente ricolonizza lo spazio, generando quel che il paesaggista francese Gilles Clement chiama “terzo paesaggio” e l’arte, cioè gli interventi artistici che, sovente con azioni spontanee “dal basso”, cercano di rigenerare gli spazi degradati e inutilizzati e riportarli ad una qualche funzione comunicativa.

Il concetto di imprecisione in questo contesto è  usato nell’accezione elaborata dall’architeto Giovanni Garroni, che lo usa come strumento conoscitivo, individuando nell’indeterminatezza una possibilità di azione sulla realtà.

Imprecisione suggerisce qui, insomma, la sfumatura, lo sguardo che agisce sui contorni dell’immagine per pervenire ad un ampliamento del significato degli oggetti stessi e delle loro rappresentazioni.

Si tratta quindi di andare oltre l’osservazione e il giudizio estetico sull’abbandono e la trascuratezza, per approdare ad un atteggiamento del pensiero che prova ad immaginare qualcosa di differente da ciò che che vede e di conseguenza a trasformare la realtà, partendo da questo percorso immaginativo.

Tutto questo, in effetti, costituisce  un percorso di creazione poetica, almeno per come il linguaggio poetico si definisce ai miei occhi, sulla base di un approccio al tempo stesso realista ed utopico. E non è solo un ossimoro.

Wallace Stevens scriveva che “la verità poetica è un accordo con la realtà prodotto dall’immaginazione di (una persona) disposta a lasciarsi influenzare a fondo dall’immaginazione e a ritenerla per un certo tempo vera” (in: “L’angelo necessario“; pag 52).

Questo percorso attraverso gli Spazi Imprecisi si salda al percorso da me avviato di lettura e scrittura attraverso l’esperienza dei luoghi (ce ne sono varie tracce su questo blog) e costituisce dunque, per me, un’occasione di osservazione e di costruzione poetica su una realtà che ho sperimentato e vissuto direttamente, avendo abitato a Trofarello fra il 2005 e il 2018, ma anche l’opportunità di fare tale percorso all’interno di un gruppo di osservatori “esterni”, portatori dunque di un necessario “sguardo da lontano” che necessariamente vede diversamente gli spazi in questione.

Il gruppetto di osservatori che ha risposto alla chiamata è composto, oltre a me, da
Marco La Gattuta (fotografia),
Marco D’Aversa (fotografia),
Bruno Biddau (fotografia)
Gisella Molino (fotografia)
Severino Magri (artista visivo)
Davide Fasolo (video maker – artista visivo); piu Irene Rubiano (fotografia) che oggi non era presente.

Il mio attraversamento dei luoghi si serve delle fotografie come di appunti sui quali riflettere successivamente. Non sono un fotografo, come è evidente, ma le immagini mi servono per fissare lo sguardo sull’intreccio di linee e forme che attrae la mia attenzione.

Metto qui a disposizione una prima selezioni delle immagini catturate nella passeggiata che si è snodata a partire dalla stazione attraverso via Togliatti, via XXIV maggio, via Nenni, via Pavese, via Torino per poi ritornare alla stazione transitando per via don Masera e via Roma. Giusto un assaggio di territorio, ma abbastanza per suggerire possibilità nuove e per iniziare a “sporgersi oltre” il presente

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