Passaggi (note fuori tema)

L’ultimo appuntamento poetico di Periferia Letteraria nel 2023, è  stato con Silvia Rosa, al Lombroso 16, per presentare una piccola, intensa raccolta di poesie dal titolo: “Treceri” (Passaggi), pubblicata quest’anno a Bacau, in Romania, in lingua rumena col testo italiano a fronte.

Patrizia Camedda accompagnava con garbo e curiosità l’autrice nella presentazione del testo e Ramona Paraiala leggeva una scelta di testi in traduzione romena, seguita poi dalla lettura della versione italiana da parte di Silvia Rosa. 

La raccolta è organizzata attorno alla volontà di dire ciò che è maggiormente indicibile, i passaggi verso e oltre la comune condizione di esseri viventi, passaggi dei quali non possiamo – per definizione – avere un’esperienza diretta ma dei quali talvolta può  sembrare di cogliere le tracce, i rumori, attorno a noi. Almeno in certe condizioni e a patto di essere nella disposizione di ascoltare.

La conversazione ha ripreso dai testi della raccolta una serie di metafore e di concetti per illustrare questo percorso oltre i margini del vivere. Categorie come passaggi (titolo italiano della raccolta), liminalitá, confine e separazione sono state adoperate, in un quadro concettuale principalmente psicologico, per rendere conto della difficoltà e del fascino che esercita su ciascuno di noi il confronto con l’idea del “non essere” (non essere ancora o non essere più).

Queste categorie però, mentre la conversazione si dipanava, mi portavano lontano, fuori tema in un certo senso, facendo risuonare in me i  riferimenti concettuali  frequentati durante la mia formazione antropologica. Piuttosto che alla dimensione della psiche individuale, i termini di passaggio e liminalitá mi riportano alle trasformazioni sociali governate dai riti di passaggio e dunque alle ricerche di Arnold Van Gennep, Victor Turner, Max Gluckman e altri antropologi, soprattutto anglosassoni.

L’idea, in estrema sintesi, è che la vita sociale sia caratterizzata da passaggi di status (da ragazza a donna adulta, ad esempio, oppure da nuovo nato a membro effettivo della comunità). Questi mutamenti di condizione e ruolo  sono marcati socialmente da “riti di passaggio”; battesimo, iniziazione, circoncisione, matrimonio, funerale, per fare degli esempi. Tutti i riti di passaggio, dicono gli antropologi, sono composti di tre fasi: separazione, liminalitá e riaggregazione. Gli individui vengono ritualmente separati da ciò che erano, messi in uno stato sociale a parte, detto “liminale”, di confine, in cui non sono socialmente nulla di definito e poi vengono ritualmente riaggregati alla società all’interno del nuovo ruolo che viene loro assegnato.

Nella fase di liminalitá, proprio in quanto socialmente essi “non sono”, i partecipanti ai riti sono spesso oggetto di tabù, considerati pericolosi e impuri, devono essere tenuti separati e isolati, a volte – anche fisicamente – inviati nella “foresta”.

Si tratta insomma di una condizione simbolica, appunto, di passaggio, di separazione, di non vita, la cui metafora più indicata sembra proprio quella della morte.

Ecco perché, ascoltando le poesie di Silvia Rosa mi sono trovato a pensare che il suo lavoro per provare a dire l’indicibile della morte attraverso l’uso delle categorie di liminalitá e di passaggio   trasforma inaspettatamente la morte stessa in una metafora, molto ricca, per raccontare le trasformazioni che gli individui attraversano per affrontare le diverse fasi della  vita sociale e della costruzione identitaria che passa sempre attraverso il confronto con il Noi e con l’alterità.

” – morire è questo perdere peso in loop –

tutti i lemmi a cui siamo affezionati

lasciati a decomporsi in una lingua inedita

di vermi e fango, lo stelo del corpo

così fragile, attraversato da un tremore

di lucciole, lo sguardo ripiegato su di sé.

Cerchiamo di restare interi dopo la caduta,

anche se gli occhi ci tradiscono accogliendo

il buio come fosse un altra pelle. Il fiore

di una nebulosa ci risucchia fino alla radice

che cosa viene dopo, quando finisce la terra

e inizia la galassia rovesciata del mai più?

                   (S. Rosa, Passaggi, p.41)

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