Voci Libere – contro la violenza sulle donne

Ieri (domenica 24/11/2024), presso la Casa del Quartiere di San San Salvario a Torino, si è svolta la 14° edizione dell’iniziativa “Voci Libere. Contro la violenza sulle donne“, quest’anno curata da “Medicamenta – scrittura trasformativa” ovvero Valeria Bianchi Mian e Silvia Rosa. Siccome mi sono offerto l’opportunità di partecipare a tutta l’attività e ne sono uscito davvero soddisfatto per la ricchezza degli stimoli e per il clima che si è creato, provo qui a descrivere quel che ho vissuto e a mettere ordine nei pensieri con cui ne sono uscito.

Il percorso si articolava in tre diverse iniziative. Dapprima , dalle 15:30, un laboratorio di Scrittura Trasformativa dal titolo: “Quelle Brave Ragazze / desiderio, rivolta, libertà“, presentato in modo assai accattivante come “un percorso breve nella parola che cura, nella poetica della libertà di essere se stessi al di la del bene e del male” (nel senso di fare i conti con entrambi, ovviamente, non di infischiarsene). A seguire, diciamo dalle 18:00, si è svolta la tavola rotonda “Voci libere” che è stata in effetti un dialogo aperto con le autrici di saggi, poesie e romanzi dedicati al tema della violenza di genere, di cui più avanti dirò con maggiore dettaglio e infine, in serata, si è svolto un reading poetico – organizzato in collaborazione con Periferia Letteraria, che ha tirato le fila di quanto emerso nel pomeriggio, aggiungendo la dimensione della parola poetica condivisa e il valore aggiunto di uno scambio di opinioni vero su diversi nodi della questione.

Partiamo dal laboratorio di “scrittura trasformativa”. Il piccolo gruppo (7 partecipanti) ha consentito una gestione efficace e accogliente da parte delle due responsabili, nonostante il tema (o forse solo il fatto di essere un gruppo “momentaneo”) facesse emergere più di una rigidità da parte di diverse partecipanti (uso il femminile generico dato che ero l’unico uomo). Le attività condotte da Silvia Rosa e Valeria Bianchi Mian, hanno consentito al gruppo di trovare un punto di interesse condiviso e in questo “ambiente temporaneo” il gruppo ha scelto – ed è molto interessante – di lavorare su che è stato definito “l’incontro con il femminile negativo“.

Questo tema che il “femminile negativo” – o “l’ombra” del femminile, per usare gli attrezzi junghiani di Valeria Bianchi Mian – deve essere considerato come parte non eludibile del discorso sulla violenza contro le donne è emerso nel corso di questa attività e poi ancora nella tavola rotonda successiva, aprendo una riflessione importante su quanta parte gioca il comportamento agito dalle donne verso altre donne nel consentire e diffondere gli schemi culturali di matrice patriarcale che sorreggono i comportamenti a vario titolo lesivi della dignità e integrità femminile.

Un altro tema a mio avviso rilevante , che è emerso nel laboratorio ed è tornato fuori successivamente, è che gli schemi sociali del comportamento “di genere” non creano una prigione solo per le donne ma anche per gli uomini e dunque mettere in discussione il modello di identità maschile dominante è pericoloso per gli uomini che cercano di trovare delle alternative non meno di quanto lo sia per le donne cercare di opporsi al predominio del “patriarcato”. La violenza di branco contro i maschi che non si conformano al modello dominante non è meno spietata, da questo punto di vista e però la discussione pubblica su questo punto è invisibile se non assente.

La tavola rotonda è stata davvero, al di la delle formule di presentazione, “un dialogo aperto con le autrici di diversi saggi, poesie e romanzi dedicati alla riflessione sulla violenza di genere“. Qui il numero ristretto dei presenti si è rivelato un valore aggiunto piuttosto che un limite. Erano rappresentate le casi editrici: Buendia Books, Capricorno edizioni, Golem Edizioni, Vita Activa Nuova APS, mentre i testi e le autrici presenti sono state:
Certe donne a Torino, di Marina Rota
Psicoporno, dodici racconti alla ricerca di Eros, di Valeria Bianchi Mian, Debora Riva, Laura Salvai
Le signore dei giochi, Valeria Bianchi Mian
Nina, la poliziotta dilettante, Carolina Invernizio (riedito nel
Break The Silence, Italia APS
Destini in discesa, di Mariaflora Sartor
Bestie, femminile animale, di Valeria Bianchi Mian, Martina Campi, Ksenja Laginja, Teodora Mastrototaro, Silvia Rosa, con Alexandra Zambà e Gabriella Musetti
Confine donna. Poesie e storie di emigrazione, a cura di Silvia Rosa, A.A.V.V.

Tutta la conversazione è stata intensa e arricchente e non avrebbe senso riportarla qui nel dettaglio. Mi interessa piuttosto soffermarmi su un passaggio che ho trovato particolarmente significativo. E’ stato quando Mariaflora Sartor ha spiegato cosa avesse comportato, per lei, lavorare sulla biografia dei propri genitori e sul proprio vissuto per riuscire a scrivere “Destini in discesa“, ovvero la storia del rapporto fra i suoi genitori e della violenza subita a lungo dalla madre. Esemplificando perfettamente il concetto di “potere trasformativo della parola“, Sartor ha raccontato di essere entrata nella scrittura del libro da una posizione di ferma condanna del padre e di empatia verso la madre, per passare nel corso della stesura a maturare un senso di rabbia e di condanna verso la madre alla stessa stregua del padre, perché accettando a lungo la violenza non ha protetto lei, la figlia, dal contesto di violenza in cui si trovava a crescere.

La stesura del libro si è poi rilevata anche “terapeutica”, per quanto possibile, consentendole di trovare una maggiore distanza dai fatti raccontati e di arrivare in qualche modo a perdonare dentro di sé i genitori per quanto vissuto. Da più parti intorno al tavolo si è sottolineato come le dinamiche violente in famiglia generino degli schemi di comportamento che si trasferiscono da una generazione all’altra appoggiandosi a costrutti culturali come la “vergogna“, la necessità di difendere “il buon nome” o ancora il sentirsi “sporchi” per la violenza subita e la conseguente impossibilità ad esporsi e reagire.

Si tratta di contenuti simbolici che saldano, nel vissuto personale, il senso individuale con quello sociale dell’esperienza. Se i costrutti di genere e in particolare l’idea della supremazia maschile sono dei modelli sociali, condivisi con l’educazione e la cultura che ciascuno apprende, un approccio anche di carattere antropologico al ruolo che giocano questi simboli condivisi potrebbe risultare di qualche utilità. Ad esempio il concetto di “sporco” è una componente determinante nelle crisi sociali che hanno a che fare con il potere sociale e il pericolo della sua gestione, come ha mostrato Mary Douglas in Purezza e pericolo.

Il reading serale ha consentito poi di sperimentare come queste tematiche possano prendere forma e forza attraverso la parola poetica, non in modo didascalico ma dando voce alle percezioni ed ai vissuti che nel discorso pubblico non riescono ad emergere perché, in definitiva, mancano le parole e le metafore adeguate ad esprimerli. Erano presenti Sandra Baruzzi, Valeria Bianchi Mian, Patrizia Camedda, Piera Giordano, Gianluca Mantoani, Ramona Paraiala, Max Ponte, Salvatore Sblando e Silvia Rosa.

La poesia, in fondo, svolge questo ruolo essenziale, come diceva Audre Lorde: trovare le parole che ancora non esistono per pensare quegli aspetti della realtà che le diseguaglianze di potere impediscono – a chi è più debole – di definire compiutamente. Una volta che possiamo pensare il mondo per quello che è, siamo anche in grado di immaginarne uno migliore; e come cambiarlo.


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