Oggi, con la complicità del Salone del Libro, della Libreria Belgravia, delle Edizioni Puntoacapo e in particolare di Cristina Daglio, Mauro Ferrari e Giancarlo Pontiggia, ho avuto la possibilità di incontrare Fabio Pusterla e ascoltare la presentazione di “Sinsigalli (con gronchi, carrubi e mestizzi)” (2024); un giocoso, ma nemmeno troppo, confronto fra le creature fortuite e immaginarie dei Sinsigalli, che puntano a volare, procedere, cantare l’azzurro e i loro avversari, appunto, ovvero i Carrubi, i Mestizzi e perfino i Gronchi che, gravati da naturale violenza e stupidità puntano a distruggere e fermare ogni traccia e tentativo di elevarsi o sollevarsi, di cantare. Di articolare parole.
Di Pusterla, da anni, amo molto la leggerezza con cui ricava il suo personale modo di “sollevare lo sguardo” usando parole e costruzioni che appartengono alla sfera del parlare quotidiano e della comune esperienza. Eppure, forse proprio per questo, il suo scrivere è certamente un “canto”, anche se di Canti è difficile parlare, per chi fa poesie, senza timore di sembrare immodesti o ingenui o forse entrambe le cose.
Eppure è un Canto; lo è anche questo suo gioco fortuito dei Sinsigalli. Un canto del bisogno di alzare lo sguardo da terra e provare a sollevarsi; provare sempre, anche e soprattutto nella certezza delle cadute che – inevitabilmente – possono conseguire. E conseguono.

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